
La sindrome di Hunter è una malattia metabolica molto rara, che si presenta a causa di oltre 300 diverse mutazioni, tutte a carico del gene IDS. La patologia viene trasmessa da cromosoma X e in genere ne sono affetti i soggetti maschi.
Queste mutazioni danno origine ad una carenza dell’enzima iduronato-2-sulfatasi e provocano una serie di altre conseguenze che possono affliggere vari aspetti della salute del paziente.
Trasmissione e caratteristiche
La sindrome di Hunter è una malattia a trasmissione recessiva, è ereditaria e legata al cromosoma X. In genere gli affetti sono individui di sesso maschile. L’incidenza varia a seconda dei Paesi e in media si riscontra un caso ogni 162 mila bambini nati (di sesso maschile).
Spesso la sindrome di Hunter provoca deterioramento a livello fisico, disturbi dell’umore, ritardo mentale e disturbi del comportamento. I nati appaiono normali e i sintomi iniziano a svilupparsi dai 2 ai 4 anni d’età.
I sintomi più comuni sono: anomalie facciali, con bocca sempre aperta, tratti del viso irregolari e lingua grande, rigidità, crescita anomala di organi come fegato e milza, disturbi del comportamento e dell’umore.
Si verificano inoltre anche ritardi nella crescita e bassa statura, regressione psicomotoria, sordità, difficoltà respiratorie e problemi cardiaci.
Anche la pelle può apparire diversa e con effetto buccia di arancia, in più la retina può andare incontro a degenerazione.
Nei casi meno gravi ci sono dismorfismi lievi e intelligenza normale. Spesso, però, compaiono comunque dei difetti uditivi e si presenta rigidità articolare.
Aspettativa di vita e trattamento
A seconda della gravità del caso e della comparsa dei sintomi della sindrome, l’aspettativa di vita è variabile e può andare da 10 a 20 anni circa fino a 60 anni.
Il trattamento richiede il ricorso a terapie specifiche di supporto per il paziente, utili a gestire ulteriori complicanze a carico di cuore, articolazioni, cervello, vista, udito e apparato respiratorio.
In Europa è stata approvata la terapia enzimatica sostitutiva con enzima ricombinante, che ha portato a miglioramenti nella respirazione, nel quadro epatico, cardiaco e nella milza.
Purtroppo non si sono evidenziati benefici neurologici. Al momento ci sono studi in corso per trovare trattamenti più efficaci, anche in materia di editing genomico.